Toubab bou nuul
2° classificato Edizione 2020
Binta Diaw
@Binta DiawScultura
- Edizione: 2020
- Anno opera: 2019
- Altezza cm: 160
- Larghezza cm: 150
- Profondità cm: 100
Descrizione
La nuova generazione italiana vive e convive con vergogna, dubbi, complessità e instabilità di identitarie e d’appartenenza. Il senso di appartenenza gioca un ruolo fondamentale e delicato sui giovani afro-italiani che si trovano a metà strada tra due o più radici. Il sentimento di appartenenza è, se volete, innato. Quando nasciamo e cresciamo, sappiamo di appartenere ad una terra, una lingua, una cultura, senza che nessuno ce lo spieghi. Tuttavia, quando abbandoniamo la città dove viviamo, dove siamo nati, questo sentimento prende vita in noi e si traduce in nostalgia. Una nostalgia e un attaccamento all'Italia, un paese che mi considera solo per il colore della mia pelle. Ma come è possibile vivere tra appartenenza e stranezza? Questo rifiuto dell'italianità apre altre porte: dimensioni identitarie piuttosto complesse. In seguito a questo rifiuto, ho iniziato a pensare alla mia blackness, cioè alla mia africanità. L'installazione è una riflessione e una provocazione sulle denominazioni identitarie. Personalmente, sono legata a questa parola. Toubab, in Wolof, è un termine usato per definire il colonizzatore bianco. Questa parola è ancora usata nella lingua di diversi paesi dell'Africa occidentale. In Senegal, la mia famiglia mi vede come una toubab bou nuul, una donna nera dalle sembianze europee. Le contraddizioni e le complessità di questa parola identificativa sono in dialogo con un suono di alcuni momenti di marce, festeggiamenti, urla e grida durante i festeggiamenti che ogni 4 Aprile, celebrano l’indipendenza del Senegal dalla Francia. Un suono che testimonia di una festa che ancora ci lega al colonizzatore.
Tecnica
bandiera Senegal, audio