Silvia Inselvini
@silvia inselvini
Biografia
Sono anni che l’artista si concentra quotidianamente sulla pratica ascetica di eliminare ogni traccia di bianco dai suoi fogli, con un gesto inesausto che li ricopre con tratti di penna a sfera. Tale cancellazione, per strati successivi, dà origine a una nuova uniformità cangiante-oleosa, che solo l’inchiostro così trattato è in grado di restituire. Da queste pagine, non emerge però alcuna fedele trascrizione, bensì un’inedita rivelazione. La scrittura trascesa di Inselvini è un atto performativo, reiterato fino a rendere indistinguibile qualsiasi tratto in una ripetizione che è quasi una preghiera, un canto litanico che svela una nuova forma di relazione con il Tempo e con il Mondo.
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Come può tuttavia quel gesto privato, compiuto nell’isolamento dello studio, rivolgersi alla collettività? Il risultato singolo viene composto dall’artista in sequenze di
fogli, che moltiplicano la sua preghiera in un mantra catartico e terapeutico per le proprie inquietudini. Il dialogo intimo con il trascendente diviene poi rituale collettivo nel momento in cui queste litanie visive vengono accolte ed esposte in sedi pubbliche.
Tutt’altro che nichilista e solipsistica, quindi, la reiterazione del gesto cancellatore di Silvia Inselvini ha come fine l’accesso a una relazione con un Tempo domabile, che favorisca nell’artista e nella comunità “osservante” due fenomeni rigenerativi: il superamento dell’angoscia per la Morte e l’avvicinamento alle Verità Ultime dell’Esistenza. Tali concetti sono da sempre appannaggio della Religione, sfera a cui l’antropologo René Girard fa risalire l’origine della cultura umana, grazie all’invenzione di una ritualità collettiva, oggi scomparsa, che previene la violenza imitativa.
Al venir meno della pluralità del rito nell’odierna società narcisista, Inselvini tenta di porre rimedio con le sue antifone visive. Queste invocazioni tangibili presuppongono la consapevolezza individuale di doversi opporre a un tempo frenetico, che condanna la società a una corsa forsennata verso la morte, con l’obiettivo di ritrovare il controllo del tempo a disposizione di ciascuno, rifuggendo sia l’illusione di avere a disposizione l’eternità, sia la deriva di sprecare la vita nell’inedia.
È struggente per l’artista osservare quest’umanità che contempla realmente la morte senz’altro orizzonte, o viceversa reagisce all’inesorabile scorrere dei giorni affannandosi per “produrre” come automi, privando in ogni caso la vita di un valore intrinseco.
Inselvini prova ad arginare sia l’affanno nevrotico che la tragica passività contrapponendovi la propria ricerca formale di un’azione misurata e radicata su solide basi psicologiche e antropologiche (Marcel Granet, Marcel Mauss, René Girard, James Hillman), sull’approfondimento delle neuroscienze (Antonio Damasio) e della storia delle religioni (Walter F. Otto, Hervé Clerc).
Per attingere una sua formula che acquieti il mal di vivere dilagante, l’artista ha tra i riferimenti teorici anche il volume “Scomparsa dei riti. Una topologia del presente “(2021) del coreano Byung-Chul Han, che insieme al già citato Girard, descrive le conseguenze dell’eliminazione dei rituali collettivi nel contesto attuale. «Alla base della depressione – scrive a tal proposito Han – c’è una smodata autoreferenzialità. Del tutto incapaci di uscire da noi stessi e di superarsi proiettandosi nel mondo, ci si incapsula. Il mondo scompare. Si ruota su sé stessi con un tormentoso senso di vuoto». Un vuoto che l’artista tenta, instancabilmente, di colmare sempre meglio, allenando la sua mano al loop del movimento e la sua mente alla vertigine di uno spazio aperto – secondo la concezione mediorientale di vuoto – da esplorare giorno dopo giorno.
I lavori di Silvia Inselvini mettono quindi a disposizione degli spettatori soglie d’ingresso per un’Altra dimensione, rendendo manifesta l’alternativa di un agire lento, armonico e sostenibile, in contrapposizione alle storture del presente accelerato, ego-riferito e pericolosamente alienante.
(dal testo critico “Il crepuscolo degli uomini” di Beatrice Benedetti)
Instagram @in.silvis