Miroir d’argent (004)
Marta Rizzato
@Marta RizzatoFotografia
- Edizione: 2020
- Anno opera: 2020
- Altezza cm: 40
- Larghezza cm: 30
Descrizione
"Miroir d’argent" è una serie di immagini fotografiche realizzate off-camera con un’esposizione di due o più ore alla luce naturale, che innesca il fenomeno di auto-sviluppo dell’emulsione, ingrigendola. Basate sulla riproduzione controllata di un difetto processuale chimico, si presentano come superfici metalliche dicroiche, dai riverberi cangianti a seconda della luce che vi si riflette. I fogli di carta baritata fotosensibili diventano degli specchi grazie all’affioramento in superficie dell’argento contenuto nell’emulsione fotografica, reso metallico con un’operazione di regressione chimica. In queste fotografie è quindi assente la relazione mimetica col reale, ma, nel contempo, esse racchiudono in potenza qualsiasi immagine: nell’argento, materiale fotosensibile per eccellenza – quindi nella fase latente dell’immagine – e nella natura sia fisica che figurata della riflessione – nella materialità, dunque, dell’immagine diventata oggetto fotografico. Più che astratta, è una fotografia concreta, che rende visibili i materiali stessi di cui essa si compone, volgendo uno sguardo alle origini e alla storia del medium, non con nostalgia, ma piuttosto con la volontà di riportare all’essenziale gli elementi di cui è composta, così come era ai primordi. Questa tecnica mira a sistematizzare, con la chimica contemporanea, la fallacia dei primi tentativi fotografici. A differenza dell’ossidazione che condanna l’immagine della prima lastra di Niépce a scomparire nel nero, questo velo argenteo è un velo che non cela, ma dischiude la visione ad un potenziale infinito.
Il termine "miroir d’argent" indica, nel campo del restauro e della conservazione fotografica, il deterioramento delle particelle d’argento che, tendendo a migrare verso la superficie dell’emulsione e a combinarsi con gli inquinanti atmosferici, creano un velo metallico. È una patina del tempo che, col passare degli anni, ricopre le stampe fotografiche in modo irreversibile. È possibile ricreare – in modo volontario e controllato – questo stesso difetto in camera oscura, alterando il processo chimico di sviluppo della carta fotosensibile e sfruttando gli ioni d’argento attivati dall’azione della luce. Il processo di ossidazione che deteriora le fotografie si basa sulla stessa dinamica chimica dell’immagine latente. È quindi quest’ultima a racchiudere già in sé, potenzialmente, l’invecchiamento della fotografia: così come la superficie della carta stampata può ossidare nel tempo, l’istante dell’esposizione contiene già, in nuce, l’intero ciclo di vita dell’oggetto fotografico.
Tecnica
Foglio di carta baritata alla gelatina d’argento ossidato